Lasciata perdere qualche giorno fa per il tempo, mercoledì ho deciso di risalire in Piancavallo per fare un’escursione sulla cima Val Piccola. Parto prestissimo e mi godo l’alba lungo la strada che porta verso la località turistica, fermandomi ad ammirare il sole che sale tra le nuvole colorandole con i colori del fuoco. Poi mi dirigo fino al Pian delle More, dove parcheggio e comincio a camminare.
La salita è la classica e già descritta attraverso il sentiero CAI 925, passando a fianco della sorgente Tornidor per arrivare in un’ora e mezza abbondante fino a forcella Val Grande. Una cosa mi ha colpito: dopo tanti mesi ho sentito nuovamente il silenzio. Quello assoluto. Fermandomi a metà del percorso per togliermi una maglia e bere un po’ d’acqua, incredibilmente, non c’era alcun rumore. Sono stato più di un minuto ad ascoltare. Il nulla. E’ sempre una sensazione magnifica. Restare lì a pensare, o forse anche non riuscire a pensare, e sentire solo il proprio respiro, come in un mondo fermato dal tempo, bellissimo e irreale. Poi un piccolo volatile mi ha svegliato con il suo cinguettio e sono ripartito.
Raggiunta la forcella non sono salito direttamente per la larghissima cresta del monte Val Piccola ma ho preferito aggirarlo un po’ facendo un breve tratto dell’Alta Via numero 7 e decidendo di salire dal versante Ovest. Nulla di complicato, solo un attimo di attenzione fra i suoi ripidi pendii erbosi e su qualche gradone di roccia traballante, ma tutto senza difficoltà. Sono sbucato sull’anticima dove è posta una bandierina in metallo e poi da lì, in pochi metri, ho raggiunto la cima a quota 2133 metri slm.
Bello il panorama. Vista spettacolare sul Cimon dei Furlani e la sua forcella che collega cima Manera (o Cimon del Cavallo). Lungo la cresta est del Laste delle pernici bianche comunicavano con i loro strani suoni. Un gruppo di camosci nel frattempo scattava veloce verso valle. Girandomi, le creste sopra la val Salatis creavano la loro splendida corona e sullo sfondo l’imponente Civetta e poco più a destra, appena sopra le vette del gruppo del Col Nudo, sbucava il Pelmo.
Dalla vetta, il rientro lo faccio in maniera più diretta, seguendo questa volta l’ampia cresta e scendendo per le parti erbose, sempre senza alcuna traccia anche se qui si può incontrare qualche ometto che ha visto tempi migliori. Solo nell’ultimo tratto alcuni salti rocciosi mi obbligano a stare attento e ad appoggiarmi con le mani. Ma in un attimo sono nuovamente alla forcella. Riprendo il 925 e giù veloce fino alla macchina.
Bella uscita e splendida mattinata. Anche andando su cime “minori” si possono assaporare sensazioni magnifiche.
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