Quando non si può arrampicare per il tempo pazzerello, allora qualche cosa comunque si fa pur d’andare in montagna. Questo è un pensiero comune che ho con Nicola e quindi pur in un periodo non proprio felice non solo meteorologicamente parlando decidiamo per un’escursione sulla Palazza, una delle cime che fa da confine naturale fra Friuli e Veneto, fra la val del Piave e la val Zemola.
Partiamo da casera Mela e l’itinerario che seguiamo è quello classico che si snoda fra la piacevole ma lunga strada bianca intramezzata da un breve sentiero che ci porta fino alla casera Cava Buscada mentre il bel Duranno si fa intravedere spesso fra gli alberi a Nord e la possente parete del Col Nudo sale se si volge lo sguardo dalla parte opposta.
Arrivati alla bella struttura, posta in un punto panoramico d’eccezione ma sfortunatamente ancora chiusa, ci concediamo una breve pausa prima di riprendere il cammino e salire alla vecchia cava di marmo. In pochi metri la raggiungiamo e il dottore non manca d’acrobazie boulderose su qualche blocco tagliato.
Nel mentre mi perdo fra vecchi carrelli, rotaie, colori del marmo incredibili e un’ammonite (fossile marino molto presente dal periodo devoniano a quello cretaceo) grossa quanto una testa d’uomo!
Passata la cava seguiamo le informazioni di un cartello che indicano la nostra meta odierna e così saliamo fino alla cresta per verdi e qualche foglio roccioso caro a queste montagne. Da lì sopra le pareti che cadono verso Ovest sono verticali e non riusciamo a scorgere la loro base. Sotto il Piave scorre con le sue curve mentre le strade lo intersecano più volte. Peccato solo le nuvole che ora si fanno più fitte e che non offrono alcuna vista verso le Dolomiti.
Passiamo la cima del Buscada e un paio di stambecchi ci guardano con noia nel nostro proseguire. Una firma al libro di vetta e via. Dopo poco eccoci sulla Palazza a quota 2210 metri slm. Ci riposiamo qualche minuto, o meglio, mi riposo qualche minuto mentre Nicola si fa un giro lungo la breve cresta per andare a vedere l’uscita delle vie spittate che avevamo visto poco sotto (ah, la dura vita del climber!).
Ritornati sui nostri passi ci riabbassiamo lungo il percorso appena fatto fin dove a una forcella si torna al vecchio luogo di duri scavi. L’amico mi dice che qui ci sarebbe un bel landre da vedere e così iniziamo la ricerca. Sbagliamo scendendo un pendio ma rimaniamo estasiati dalla, come l’ha definita Nicola, “enorme e spaventosa, lontana da tutto e pure dietro l’angolo” parete Nord del monte Borgà.
Risaliti nuovamente lungo la dorsale ci dirigiamo proprio verso quella parete, che naturalmente non toccheremo, e per flebile traccia raggiungiamo un’altra forcella ove perveniamo un sentiero che scende ben marcato nel Valon de Buscada. Lo seguiamo e proprio dietro uno spigolo ecco il famoso Landre del Ledan.
Questa grotta naturale è veramente bella e in un posto ancora selvaggio benché la frequentazione non sia così bassa. Qualche foto e poi guardati a vista da un altro stambecco risaliamo alla forcella per poi scendere diretti e fuori traccia alla cava dove ci concediamo un’altra breve pausa e dove diamo fondo alle poche cose da mangiare che abbiamo e alla grappa che mi sono portato dietro.
Torniamo da qui verso valle per la strada fatta in precedenza fino a metà tracciato; ad un tornante verso sinistra ora seguiamo una traccia nel bosco. Mi concedo un bel scivolone senza conseguenze e risbuchiamo sulla strada. Poi più avanti un altro taglio nel vallone verde che cade quasi alla casera di Conte e infine in breve all’auto.
Giro fantastico, lungo, relativamente semplice ma altamente remunerativo. Una giornata così serviva a tutti e due!
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