Dopo un breefing telefonico la sera prima, visto che il Titti c’ha abbandonati a noi stessi, con il buon vecchio amico di mille e ancora più di mille scorribande “il Manzo”, si decide per fare qualcosa che sta fra l’escursionismo e l’arrampicata, ovvero il poco frequentato itinerario alpinistico dedicato a Luciano Micheluz.
Dopo una breve discussione alle 6:55 all’entrata della val Cimoliana dove ci volevano far pagare l’ingresso come al parco giochi, arriviamo al parcheggio del Pian Meluzzo e subito ci dirigiamo al rifugio Pordenone per l’ennesimo caffè per riuscire a darci definitivamente una svegliata. Poi salutati i gestori con la promessa di una birra al pomeriggio cominciamo la risalita lungo le ghiaie della val Montanaia.
Saliamo un po’ a zig zag visto che le ultime piogge hanno sconvolto il fondo rimodellando l’itinerario. Ometti a destra e sinistra aiutano poco visti i profondi solchi scavati dall’acqua, ma fortunatamente conosciamo un po’ il luogo e di buon passo raggiungiamo il cartello che ci indica la direzione del Micheluz mentre il conosciuto Campanile si fa vedere sopra di noi.
Tagliamo le ghiaie sotto la parete Ovest della cima Meluzzo, anche qui con un paio di nuovi e profondi canali da superare, assolutamente non difficili ma sicuramente disagevoli, poi a pochi metri dalle verticali non ci facciamo mancare di mettere casco e imbrago e di appendere a quest’ultimo la poca ferraglia che ci siamo portati dietro.
Qualche saliscendi ci deposita su una forcelletta formata dalla già citata cima e un torrione e qui si apre lo scenario fantastico verso la val Monfalcon di Cimoliana.
Ora un canale di roccia nemmeno troppo schifosa, e aiutati qua e là da qualche mugo, ci fa salire fino a una forcelletta dove possiamo intravedere la punta del famoso campanile. Rimaniamo sul versante Est e continuiamo ora per cengia, inizialmente su buona roccia, facendo anche un breve passaggio dove questa si interrompe brevemente. I chiodi danno comunque aiuto psicologico solo nell’esserci e l’esposizione è smorzata dal panorama che il percorso ci regala.
Finita la cengia, iniziamo a salire lungo un profondo canale, che con facile arrampicata ma su roccia non propriamente salda ci fa guadagnare un po’ di quota. I bolli comunque non mancano mai, sono sempre presenti e nei punti giusti, quindi proseguiamo da questo punto di vista veramente in totale tranquillità.
Giungiamo così alla cresta che porterebbe alla cima Meluzzo, che poi un po’ rimpiangeremo di non aver fatto (ma così c’è un buon motivo per tornare!), e saliamo un altro canalino franoso. Poi un canale appena accennato ci fa fermare sotto a una paretina verticale dove vediamo dei chiodi segnati con vernice (?): ecco il passaggio di III grado.
Visto che abbiamo due corde da 30 metri ne estraiamo una e ci leghiamo, così in totale sicurezza siamo sopra alla bella e solida parete senza alcuna titubanza. Qui, sotto ad un tetto, ecco la cassetta con il libro di via. Lo apriamo per apporre le nostre firme ma anche per curiosità di leggere qualche nome, magari conosciuto, e la sorpresa più grande è nel constatare quante poche persone vengano a fare questo giro meraviglioso.
Proseguiamo ancora lungo un’altra cengia e poi di colpo un altro canalino fa morire il percorso per risalire appena oltre un canale più marcato. Qualche spit qui ci viene in aiuto sempre per assicurarci anche se il passaggio è semplice, circa secondo grado, ma la roccia è veramente marcia e anche qui le piogge hanno scavato ulteriormente ed infatti la seconda placchetta metallica è ora in un posto inutile, ma si sa, siamo nelle Dolomiti Friulane e tutto muta velocemente.
Ancora nella continuazione del canale franoso, però non difficile, proseguiamo con l’aggiramento della Cima Montanaia con percorso nuovamente esposto, che grazie all’ennesima cengia ci fa oltrepassare uno spigolo. Poi su questa tocca fare un tratto con il classico “passo del gatto”, sempre che non si voglia stare più esterni con grande verticalità sotto i piedi. Un canalino in salita, uno in discesa ed in breve eccoci alla forcella le Crode, sotto al Campanile Pordenone e alla Croda Cimoliana.
Guardiamo la cengia ghiaiosa che proseguirebbe ma, solcata da un paio di canalette scavate sempre dalle piogge, la cosa non ci attira più di tanto. Sarà che le vere difficoltà sono finite, sarà che non abbiamo voglia, sarà che siamo gli alpinisti (o i mone) della domenica anche se è lunedì, ma decidiamo con tre calate a corda doppia da 25/30 metri di scendere nel canale, con le soste già attrezzate, che ci deposita nel cono ghiaioso vicino al bivacco Perugini.
Un salto al bivacco per pro forma, dove qualche escursionista incuriosito ci chiede da dove arriviamo e naturalmente non manca di menzionare il Campanile e la sua salita, e per qualche minuto di riposo ammirando le belle cime che ci stanno attorno e sognando qualche nuova avventura.
Infine ecco la discesa verso il rifugio, incorciando in questo caldo pomeriggio qualche turista/escursionista che sbuffando rumorosamente e sudando vistosamente sale verso il famoso”Urlo di Pietra”. Tornati al Pordenone, oltre a un ottimo pasto, come promesso non ci facciamo mancare una birretta con Marika e Ivan per festeggiare l’uscita.
Giornata stupenda in ambiente superiore. Si, la parola giusta è proprio superiore. Anche se con un giro “castrato” per i motivi sopra elencati, abbiamo passato una giornata decisamente da incorniciare. Alla fine ci siamo chiesti perché un percorso del genere sia poco frequentato. Logico che non ci possa andare l’escursionista e nemmeno chi ha poca pratica di certi terreni, ma con tutta la gente che va a fare il Campanile è quasi un assurdo che questo sentiero di croda sia così poco frequentato. Ma forse è meglio così…
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