Primo giorno
Direzione rifugio Cava Buscada per due giorni di relax: ce la prendiamo comoda, abbiamo tutto il tempo e così partiamo non prestissimo da casera Mela. La giornata è uggiosa ma la cosa non ci turba, anzi, e benché il meteo metta pioggia nel pomeriggio non siamo per nulla intimoriti nell’andare.
Saliamo tranquilli lungo la strada forestale facendo colazione con tantissime fragoline di bosco. Poche qui sotto le fioriture mentre il colpo d’occhio ci fa vedere un mimetizzato rospo e molte colorate farfalle. Il Duranno spesso si eleva poco distante ma sempre con uno scialle di nuvole addosso.
Arrivati nei pressi del rifugio veniamo accolti da due asini curiosi. Cominciano anche ad abbondare le fioriture benché siamo rapiti dalle ammoniti che si possono notare un po’ ovunque. Lasciamo uno zaino presso la struttura e più leggeri continuiamo sul sentiero CAI 381 che porta verso forcella Borgà.
Il tratturo taglia a mezza costa sopra le Cumogne con una camminata piacevole e che lascia tempo per prendere fiato. Perdiamo quota fino ai 1600 metri slm e poi un bivio ci indica che bisogna ricominciare a salire. Da qui la vera fatica: fra i mughi una traccia sale ripida su fondo ghiaioso. Dietro il Toc fa mostra della sua immensa ferita.
Poco prima dei ruderi di casera Borgà ci fermiamo un attimo in un anfiteatro naturale dove due camosci ci guardano dall’alto pronti a scattare via veloci. Evidentemente si sentono molto al sicuro perché restando alti faranno l’ultimo scatto fulmineo ben oltre quello che immaginavo. Poi giunti a quei cumuli di pietre che erano rifugio di genti e animali, su consiglio di Gianpiero (il rifugista) deviamo a sinistra sopra la vasca in cemento.
Saliamo fuori traccia puntando a Ovest, scegliendo quello che sembra un passaggio naturale benché in realtà non esista nulla. I pendii sono pieni di magnifiche Stelle Alpine mentre anche qui i camosci, ma in numero veramente consistente, corrono lontani. Un po’ a naso tagliamo in maniera corretta i pendii e risaliamo l’ultimo canale erboso fino alla forcella che divide il monte Piave dal Sterpezza. Scendiamo ancora ed eccoli lì i famosi Libri di San Daniele.
Giriamo fra queste strane conformazioni, affascinati dalle forme. Fogli su fogli, appoggiati da chissà quale mano, sembra che nascondano delle verità a noi sconosciute. Intanto il vento sferza sempre più forte e cominciano a cadere delle fine gocce di pioggia. Ci ripariamo fra due grandi “tomi” e ci concediamo una pausa mangiando e riposando.
Riprendiamo il cammino lasciando quel magico angolo di mondo e saliamo prima allo Sterpezza e poi al Borgà. Le nuvole sono basse e non lasciano spazio ad alcun panorama benché qualche raggio di sole riesca incredibilmente a farsi spazio fino a noi. Una foto a Valentina e poi via di rientro.
Scendiamo direttamente per sentiero fino ai ruderi di casera Borgà e poi ci ributtiamo nei mughi. A metà di questi un segno rosso su una roccia ci indica di girare a sinistra. Seguiamo la traccia, sempre fra i barranci, consigliata da Giampiero: siamo sul Trui de Donè. Facciamo un paio di ometti in un punto “ambiguo” e dopo poco eccoci sbucare sul sentiero che corre a mezza costa fatto all’andata. Abbiamo tagliato un bel pezzo…
Non ci facciamo mancare un’ultima salita fino a forcella Borgà e poi, attraversando prati e salutando qualche marmotta, raggiungiamo la cava e poi il rifugio. Valentina opta per una doccia bollente mentre io ne approfitto per tornare al vecchio punto di estrezione dei marmi per giocare su qualche masso e per cercare qualche altro ammonite.
La sera scivola via fra chiacchere, qualche lettura e un’ottima cena. E’ ora d’andare a dormire…
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